IL RINNOVAMENTO SECONDO ROBERTA DE MONTICELLI
Mi sarebbe piaciuto che Roberta
de Monticelli avesse potuto parlare, presso il nostro istituto, di uno dei suoi
ultimi libri o, comunque, della sua visione della realtà.
Per la verità l’avevo invitata e,
in un primo momento, mi aveva anche dato la disponibilità a venire da noi lo
scorso marzo, sennonchè sopraggiunti impegni le hanno impedito di mantenere la
promessa.
Peccato perché, nel panorama della
filosofia italiana, la De Monticelli si distingue, a mio parere, per due motivi
fondamentali: il primo è che propone un approccio filosofico di impronta
fenomenologica di grande attualità che si differenzia da quello rappresentato
dall’establishment filosofico, che ha
dominato in Italia da almeno un trentennio ed è tuttora molto influente,
all’insegna del pensiero post-moderno, del relativismo culturale ed etico; il
secondo motivo è che, come ho avuto occasione di constatare assistendo a vari suoi
interventi pubblici (in particolare al festival di filosofia di Modena, Carpi e
Sassuolo), ha una carica umana, una capacità dialettica e di
coinvolgimento notevoli che fanno percepire la filosofia non come pure
esercizio intellettualistico, ma come strumento utile a leggere e interpretare
la realtà e la vita quotidiana in modo intelligente e piacevole.
Sulla scia di E. Husserl (filosofo, purtroppo, messo in ombra dall’influenza che via via ha esercitato il suo discepolo prediletto M. Heidegger),
punta il dito contro il ragionare sofistico oggigiorno incarnato dai vari filosofi postmoderni (uno dei bersagli è G. Vattimo, che ha scritto fra l'altro Addio alla verità), per i quali, come sosteneva Nietzsche, non vi sono fatti ma solo
interpretazioni: il che significa che non esiste (e neppure ha senso ricercare)
la “verità”, la quale sarebbe sarebbe solo opinione che varierebbe non solo da cultura a cultura, ma anche da soggetto a
soggetto, da circostanza a circostanza. Non vi è quindi un criterio o
un insieme di criteri in base ai quali potere appurare come stanno le cose. La
De Monticelli non pensa naturalmente ad
una verità soprannaturale (“Verità”) quanto ad una corretta visione della
realtà, dei fatti e dei comportamenti.
Il suo affondo va oltre il post-moderno,
colpisce in particolare M. Heidegger che, rinnegando la logica quale strumento
di un argomentare razionalmente fondato (per chi volesse approfondire questo
aspetto, rinvio al testo della De Monticelli, Esercizi di pensiero per apprendisti filosofi, Ed. Bollati
Boringhieri), e, prescindendo da una concezione etica della vita (non vi è nel
suo pensiero, una elaborazione di questo tipo; inoltre la sua adesione al
nazismo mai rinnegata, il suo silenzio totale sulla Shoah e i suoi
comportamenti personali risultano sconcertanti), ha contribuito in modo
rilevante alla débâcle del pensiero contemporaneo, arenatosi nelle secche del
relativismo radicale sia sul piano conoscitivo che su quello etico.
La De Monticelli propone
un’attenzione verso le cose, per come esse ci appaiono nella nostra esperienza.
I limiti dell’arbitrio soggettivo stanno infatti nelle cose stesse, che emergono con
una loro struttura, una loro organizzazione intrinseca, una loro normatività
che va colta e rispettata.
Così i valori (e i disvalori)
esistono nelle cose, nelle persone, nei fatti; non sono principi astratti, ma
vivono nella realtà: ad esempio, in un bel panorama (o viceversa in un paesaggio
deturpato), in una buona azione (o viceversa in un comportamento riprovevole).
Di fronte alla decadenza civile, etica,
al prevalere del “particulare” (vi sono pagine veramente incisive sul degrado
nel nostro paese a livello politico, etico e civile, vivacemente descritti in
tre libretti molto belli: La questione
morale, La questione civile, Sull’idea del rinnovamento), si deve avere la
forza di reagire, di mirare al rinnovamento.
L’uso corretto del linguaggio,
l’argomentare logico volto alla ricostruzione della verità e la sensibilità verso i valori costituiscono componenti essenziali per
la realizzazione del rinnovamento auspicato. Diventa altresì indispensabile una
costante tendenza a realizzare una vita pensata, dandosi una ragione di ciò a cui si pensa e per cui si
agisce, riuscendo a sospendere e a rivedere i pregiudizi, gli schematismi
assorbiti automaticamente dalla tradizione o dal contesto sociale.
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